Zirele, queste conosciute!



Intanto cominciamo subito dal nome. Dibattuto, contrastato, ambiguo, ma simpaticissimo. Questo “zìrele” che solo un trentino doc può permettersi di pronunciare correttamente, per via di quella zeta birichina. Ma che vuol dire, appunto, zìrela? In Primiero sono le caramelle ad essere chiamate così. Tuttavia per alcuni puristi del vernacolo, le zìrele erano le rotelline di formaggio che i casari ricavavano dal caglio che eccedeva dalle forme in legno e le regalavano agli affamatissimi monelli del paese. Per Damiano Casagrande, classe 1978, titolare, amministratore e unico dipendente della Premiata Ditta di questo mese, la zìrela è nientemeno che il rinvio della carrucola da carpentiere. In Alto Adige, invece, pare che le chiamino “Magenzucker”, o qualcosa del genere.
Insomma, chi più ne ha più ne metta. Certo è che a vederle, queste leccornie cubiche di circolare hanno ben poco, ma soprassediamo sulle questioni etimologiche e raccontiamo di tutto il resto, partendo dal presupposto che si tratta di una sorta di zollette di zucchero aromatizzate; sì, insomma, caramelle. Quelle che una volta si davano ai bambini come premio, perché si erano comportati bene.

TULLIO LORANDI E IL NEGOZIO DI VIA FOGAZZARO
Sulle origini della produzione e, quindi, dell’azienda, si sa poco. Al massimo riusciamo a risalire alla pasticceria di Tullio Lorandi – zio di Damiano – che produceva e vendeva le Zìrele in Via Fogazzaro a Trento (negozio che molti lettori ricorderanno); Tullio lavorava anche come dipendente della Famiglia Cooperativa di Cimone. Stiamo parlando grosso modo del periodo che va dall’inizio dei ruggenti anni Sessanta al 1991, anno della prematura scomparsa di Tullio. L’attività viene così portata avanti dalla moglie, Daria Magnago, che, a darle una mano, trova – guarda un po’ – il nipote Damiano, quindicenne. Un giovane intraprendente e di belle speranze che nel 1998 si fa avanti quando la zia, esausta, sta per vendere tutto a un imprenditore padovano. “La prendo io l’azienda, se sei d’accordo”, le dice.
La risposta è affermativa. Damiano si trasferisce a Civezzano, a ridosso del torrente Farinella, dove mette su casa e laboratorio. Le Zìrele diventano improvvisamente il suo destino lavorativo. E la storia cronologicamente prosegue da qui. Semplice, così come semplici sono la lavorazione, gli ingredienti di questa trentinissima caramella.

DAL PAIOLO, LA DOLCEZZA, ALL’INSEGNA DELLA SEMPLICITÀ

Come per la polenta, anche qui tutto parte dal paiolo. Un maestoso paiolo di rame che troneggia nel moderno laboratorio della Lorandi (la ditta ha conservato il nome dello zio). Acqua, zucchero e, come addensante, succo di glucosio vengono portati ad ebollizione fino a raggiungere una temperatura di 123 gradi centigradi, livello ottimale in cui lo zucchero si “caramella” alla perfezione (per la cronaca, comincia a farlo a 118°). “Una volta – ci racconta, divertito, Damiano – per verificare la cottura si usava un metodo un po’ più pericoloso e garibaldino. Ci si umettava un dito e lo si infilava lestamente nel magma, per tastarne la consistenza”. Nemmeno a dirlo, un’operazione a grave rischio ustione…
Intanto che aspettiamo il raffreddamento, scopriamo che la Lorandi è l’unica attualmente a produrre le Zìrele. Un tempo erano in quattro. I gusti originari erano invece nove: anice, mora, mirtillo, fragola, limone, rabarbaro, vaniglia, menta, mela verde e cannella-garofano; quest’ultima è la Zìrela originale, quella con il copyright della tradizione trentina. Poi, con i tempi che cambiano e i consumatori che diventano sempre più esigenti, Damiano ha ideato un’originale linea naturale fatta con miele-propoli, con erbe officinali, con dei distillati o con altri estratti naturali, come l’olio essenziale di pino mugo. Per renderle così colorate utilizza solo coloranti naturali.
“Sono tante le collaborazioni della nostra Ditta in cui le Zìrele si mettono al servizio di altre attività, come ad esempio la produzione del nocino (zìrela al rabarbaro) o quella del vin brulé (zìrela alla cannella). Vengono utilizzate anche piante officinali: malva, melissa, tiglio, ecc.” Insomma, stiamo parlando di una caramella, un prodotto che nella sua semplicità si presta a molteplici usi, anche come ingrediente.
Per non tacere delle sperimentazioni più ardite (radicchio rosso trevigiano, zenzero, the) che si sposano molto bene con la grappa...

UNA “COLORATISSIMA” COLATA DI LAVA ZUCCHERINA

Allora, eccoci pronti. Al composto nel paiolo – ora a circa 60° – vengono aggiunti il colorante e l’aroma prescelti. Quindi, dopo un’energica mescolata ecco che ci prepariamo alla colata. Su un tavolo in marmo, questa lava dolcissima si stende in modo armonico e si solidifica in breve tempo, fino a formare una lastra di circa due metri per uno, spessa un centimetro. Per ridurre il tutto a Zìrele occorre naturalmente “spaccare”. Damiano Casagrande lo fa con la macchina progettata dal papà Giuliano – pensionato, un tempo disegnatore tecnico in un’azienda valsuganotta – che con piccoli sbuffi di aria compressa si presta volentieri all’opera. Un tempo questa mansione veniva eseguita a mano, dopo aver segnato la colata con una sorta di mattarello suddiviso da una serie di lame.
Eccole le Zìrele, prendono vita davanti ai nostri occhi. Alcune le “uccidiamo” sul nascere affidandole alle nostre papille gustative, ancora prima delle ultime fasi della produzione: l’essiccazione e il confezionamento. Dopo 48 ore il prodotto è già pronto per la vendita ai principali clienti: grande distribuzione e un certo numero di selezionati punti vendita.

CHI MANGIA LE ZìRELE? TUTTI, SENZA DISTINZIONE

“Spesso mi dicono che sono fortunato, in quanto non ho concorrenza.” ammette Damiano. “La cosa è vera, ma pure non vera. Produco una caramella, un marchio che non si può registrare perché di uso comune”. E i clienti? Chi sono i clienti della Lorandi? “Tutti, senza distinzione”. Preferenze sui gusti? “Nessuno. Quando vendo ai Mercatini mi rendo conto che non ve ne sono”. Chissà se la stessa cosa si sta verificando all’Expo di Milano, dove le Zìrele sono state inserite tra le eccellenze trentine. Et voilà. Finisce qui la storia della caramella cubica dal nome circolare, che con un costo irrisorio si offre per portare un po’ di dolcezza, una volta tanto, nelle vite di tutti noi. ν