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IL TRENTINO DI PINKETTS

IL 20 DICEMBRE 2018 È MORTO ANDREA G. PINKETTS, LO SCRITTORE MILANESE CHE NEI SUOI LIBRI COLORAVA IL NERO CON L’IRONIA E CON GLI EPISODI AUTOBIOGRAFICI FATTI RIVIVERE AL SUO ALTER EGO LAZZARO SANT’ANDREA. FORSE NON TUTTI SANNO DELLE SUE ORIGINI TRENTINE E DELLE FREQUENTAZIONI ALLA COLONIA ESTIVA DI BELLAMONTE, IN VAL DI FIEMME. E PER QUESTO NEI SUOI LIBRI NON POTEVA CHE PARLARE DEL TRENTINO CON AFFETTO ED IRONIA

Nel 1991 Andrea G. Pinketts iniziava così il suo primo libro “Lazzaro, vieni fuori”: “I fatti, i luoghi e i personaggi di questo romanzo sono puramente immaginari. Mi si potrebbe obiettare che esiste una regione chiamata Trentino Alto Adige e un paesino chiamato Bellamonte. Mi sento obbligato a specificare che sia il Trentino che Bellamonte, com’è noto, li ho inventati io”. Ed è a Trento che inizia la storia narrata da Pinketts con il suo stile inconfondibile che fa dire a Lazzaro Sant’Andrea: “La stazione delle corriere di Trento aveva raccolto l’autunno con la fredda, burbera, disponibilità della gente di montagna”. Per poi proseguire poco dopo: “Avevo trascorso la notte girando per Trento che, pur non essendo Las Vegas, tra droga, terrorismo e omicidi rituali si era adeguata agli anni settanta. Negli anni Ottanta. Non aveva però sbiadito i colori rosso vino e azzurro cielo che sbandierava mia nonna a chiunque incontrasse a Milano. Non aveva perso il dialetto, un veneto un po’ più ostico nella quotidianità. Non aveva dimenticato che, essendo circondata da montagne, era meglio arrendersi”. Il primo trentino che Lazzaro incontra nel libro è un autista dell’Atesina (l’attuale Trentino Trasporti) che “distribuiva bonaria autorità, con saluti personalizzati al suo pubblico equipaggio. «Ciao Bepi, come statt?». «Stago ben, grazie e ti?»”. Quando l’autista “dopo aver appurato che tutti stessero bene” gli si pianta davanti turbato dalla “non conoscenza” di quello “straniero con postumi di sbornia”, Lazzaro gli ripete la frase magica: «Ciao Bepi, come statt?» ricevendone in cambio un «Stago ben, grazie e ti?» ed a quel punto si ristabilisce l’autorità di Bepi e del suo ruolo. E il viaggio può iniziare, lasciando Trento, come dice Lazzaro “per proseguire un itinerario sentimentale verso Bellamonte, Samarcanda delle mie estati adolescenti”. E quando Dea, una ragazza conosciuta sulla corriera gli chiede come mai sta andando proprio lì, lui le risponde: «Questioni sentimentali… non fraintendermi, ci andavo da ragazzino le estati, in collegio…» e poi specifica: «una scuola privata di Milano aveva delle sedi estive, si può dire anche colonie ma fa più malinconico». Si tratta dell’Istituto San Peltro (nella realtà il San Celso) riguardo al quale più avanti specifica: “Ci ero andato ogni luglio per sette anni, da bambino a teddy-boy”.
Sono molti i riferimenti al Trentino che Pinketts fa nel suo primo libro. Dal tragitto da Trento a Predazzo e poi per Bellamonte alla descrizione che mescola realtà e fantasia dei luoghi e dei locali di questa parte della Val di Fiemme. L’Istituto San Peltro “solido come un’accademia militare per cadetti”. L’Albergo Antico che “assomigliava, più che a un hotel di montagna, a quelle casette da cui esce l’uccellino negli orologi a cucù”. E la Baita Alpina che nei ricordi adolescenti di Lazzaro era “una specie di bar trattoria con piatti tipici, che teneva aperto sino all’una di notte. Vi si potevano incontrare boscaioli e turisti, ragazze e vecchiacce, ragazzacce e vecchie. Per tutti i gusti” ma che il proprietario Mimì la civetta ha “rammodernato” trasformandola in locale napoletano: “il bar in legno era lo stesso, identiche le teste di cervo impagliate, uguali sgabelli e tavoli medioevali. Ma proprio sopra quei tavoli, dei grossi televisori trasmettevano in circuito chiuso una commedia in napoletano. Il video di “Natale in casa Cupiello”. Pinketts era così: mescolava la realtà alla fantasia, le cose successe nella sua vita a quelle che capitavano al suo alter ego Lazzaro Sant’Andrea. Nella Bellamonte che lui descrive (e dove davvero era stato da bambino alla colonia San Celso) si muovono nani e belle donne, famiglie ricche che nascondono segreti, spacciatori, assassini. Ma ci sono anche portieri d’albergo che offrono innumerevoli giri di grappe fatte in casa, commesse di bazar che propongono, tra i prodotti tipici e le piccozze per turisti, lontani scampoli di nostalgia. Ma non mancano parti del libro ambientate a Predazzo che “senza essere ambiziosa, non era immodesta”, dove Lazzaro si reca alla SIP per telefonare (negli anni novanta non tutti avevano il cellulare), dove sono ambientati violenti scontri tra spacciatori di droga e frequentatori di un Centro Sociale e dove in piazza dopo lo spettacolo di un nano prestigiatore che diventerà suo amico si esibiscono i “Giovani Squadristi: tre settantenni in camicia nera con foulard rosso, per evitare accuse di apologia, che proponevano un repertorio musicale di un ventennio famoso”. Sarà il ritrovamento nella sua stanza all’Albergo Antico di un ritaglio di giornale di alcuni mesi prima, con la notizia della scomparsa di un bambino, che catapulterà Lazzaro e il lettore in un’indagine che avrà sviluppi inaspettati e neri che qui non è il caso di anticipare. Chi volesse può ripercorrerla nel libro “Lazzaro, vieni fuori”, edito da Feltrinelli.
La mamma di Pinketts aveva origini trentine, come la nonna (mentre il nonno, raccontò lui in un’intervista, aveva origini tedesche). E la descrive così, con la sua ironia, la nonna, in un altro suo libro, “Il senso della frase”: “un essere primordiale sceso dalle montagne del Trentino a cui volevo un mare di bene”, e che: “si rifiutava di parlare italiano e si esprimeva in un ibrido tra il trentino della prima guerra mondiale e un suo personalissimo idioma”. Pinketts tornò più volte in Trentino, anche dopo essere diventato uno scrittore affermato, l’ultima delle volte nel marzo 2018 all’interno del “Festival del Nuovo Rinascimento” al Palazzo delle Albere di Trento. Ma qui abbiamo voluto ricordare altre sue visite trentine. Nel 1999 Pinketts fu ospite a Predazzo all’interno di una serata presso il cinema teatro comunale che aveva come titolo “La rossa e il nero”. La “rossa” era Pixi La Rouge che presentò il suo libro “A scuola di seduzione” mentre il “nero” non poteva che essere Pinketts che presentò, oltre naturalmente a “Lazzaro vieni fuori” anche “Un saluto ai ricci” e “E chi porta le cicogne”. Ecco le parole di Francesco Morandini, il bibliotecario di Predazzo che aveva moderato quell’incontro: «in quell’occasione Pinketts aveva raccontato alcuni aneddoti delle sue estati a Bellamonte presso la colonia S. Celso dove trascorrevano le vacanze i ragazzi della “Milano bene” che erano noti per la loro, diciamo, vivacità». Nel 2000 Pinketts fu invece a Levico Terme dove al Palazzo delle Terme, all’interno della rassegna “Sfogliando l’estate” (in quell’occasione tra il pubblico c’ero anch’io) presentò il suo libro “Il dente del pregiudizio”. Come era nel suo stile Pinketts chiese se poteva avere un Cuba Libre in compagnia del quale e del suo inseparabile sigaro lesse alcuni brani del libro con la sua voce tonante. Anche in quell’occasione lo scrittore parlò dei suoi legami con il Trentino. Stefano Ravelli, Amministratore Delegato dell’APT Valsugana ricorda Pinketts come «un personaggio sicuramente istrionico e non convenzionale con il quale avevamo avuto il piacere di cenare e che ci aveva allietato con numerosi racconti sulla sua vita privata a Milano».

Con l’aiuto di Andrea Carlo Cappi, scrittore e traduttore di Milano e grande amico di Pinketts, riviviamo un aneddoto accaduto a Trento sempre nel 2000. «Stavamo presentando al Giubbe Rosse il libro “Un oceano di mezzo”, un’ antologia-gemellaggio tra scrittori italiani e messicani. Tra gli autori italiani c’eravamo io, Pinketts e Giancarlo Narciso che è uguale a Kit Carson e insieme a Pinketts che somigliava a Tex Willer sembravano davvero la mitica coppia dei fumetti della Bonelli Editore. In quell’occasione c’era anche il console del Messico a Milano, e la città era quasi blindata per motivi di sicurezza. Nel corso della serata, Pinketts diede in pubblico un clamoroso pizzicotto (amichevole ma, suppongo doloroso!) alla guancia del console, rischiando l’incidente diplomatico. A una presentazione successiva a Milano, cui parteciparono anche alcuni degli autori messicani, Andrea rivelò che dietro tutto questo c’era un conto in sospeso: un Pinketts era caduto nella battaglia di Fort Alamo contro i messicani del generale Santa Ana. In quel momento uno degli scrittori messicani, David Toscana, si alzò, dicendo che anche uno dei suoi avi era caduto nella stessa battaglia, ma combattendo dall’altra parte. Così i due scrittori si offrirono a vicenda whiskey del Tennessee e tequila, chiudendo con un brindisi una questione aperta dal 1836, che dal Texas era arrivata a Milano passando per Trento».