Denise Fasanelli | TrentinoMese - Appuntamenti, incontri e attualità trentina - magazine trentino

LA TANA DEI PAPÀ

LA SCOMMESSA DI PUNTARE SUI PAPÀ È UN SUCCESSO: ATTIVITÀ, LABORATORI ED USCITE PER PASSARE MOMENTI PARTICOLARI CON I PROPRI FIGLI E CON ALTRI PADRI, DOVE LE MAMME NON SONO AMMESSE

Egon Angeli, roveretano classe 1981, è il presidente di Energie Alternative, un’associazione molto attiva nella Vallagarina nel proporre momenti ludico didattici, di promozione sportiva e sociale, su sani stili di vita per bambini e famiglie. Ci incontriamo per una chiacchierata sul nuovo progetto “La Tana dei papà”, nato per dar spazio al rapporto tra padri e figli.
“Tutto è iniziato dalla lettura online dell’esperienza di un organizzatore del Camping dei papà di Bolzano. Come Associazione, avendo già alle spalle l’esperienza dei camp estivi, abbiamo voluto promuovere una “tendata” per papà e figli, per stimolare nei padri una riflessione sul proprio modo di vivere la genitorialità e un’occasione per passare del tempo libero e liberamente con i propri figli. Alla fine dell’esperienza abbiamo riscontrato le stesse osservazioni che avevamo letto nell’articolo. Ad esempio, alla serata di presentazione delle attività sono venute le mamme, con loro abbiamo dovuto interagire per la parte informativa ed organizzativa iniziale. È stato un punto di partenza, uno stimolo sul quale praticare una riflessione profonda. Il resto, dopo quest’esperienza, è venuto da sè”.
Raccontaci cosa è emerso e com’è andata.
“Il primo campeggio, con 9 papà, di cui quattro non conoscevano la nostra realtà associativa, è stata un’esperienza importante che ci ha fornito numerosi strumenti e ci ha resi più consapevoli. E’ stato nei momenti non “obbligati”, in cui non erano previste attività specifiche che sono emerse le questioni educative e relazionali riguardo il ruolo di padre o di marito tra i partecipanti. Hanno fatto tutto loro: date le età diverse dei bambini, chiacchierando, hanno dato vita ad un confronto totalmente informale ma profondo. Un momento educativo, perchè raccontarsi, ascoltare gli altri parlare delle loro giornate, serve a guardarsi allo specchio per capire cosa non va e cosa c’è da cambiare nei propri rapporti e relazioni”.
Ancora oggi l’infanzia ci vede crescere ed educare principalmente dalle donne: è una caratteristica della nostra società, mentre i padri sono spesso sopraffatti dal lavoro e dagli impegni quotidiani che limitano la loro relazione con i figli.
“Esistono oggi molti momenti dedicati alle mamme sul nostro territorio, pochi sono quelli aperti a padri e figli, meno ancora quelli per padri in quanto tali. Mi spiego meglio: è cosa normale, un’evoluzione davvero molto positiva, che le madri si trovino per momenti dedicati all’allattamento, alla cura dei bambini, esistono iniziative volte al confronto e alla formazione o al sostegno psicologico. Per i padri non è così, i padri escono molto di più in realtà ma si ritrovano tra amici, compagni di squadra, colleghi, non si danno appuntamento per il semplice motivo di essere papà. Per questo abbiamo pensato ad uno spazio divertente e “bello”, nel senso di soddisfacente per tutti, dove andare come papà e dove la regola sia fare i papà, nel rispetto dei tempi e dei bisogni dei figli”.
Nel 2017 il Comune di Rovereto si interessa alle attività e invita l’Associazione come partner ad un bando interministeriale. Tra 40 progetti, quello della Tana dei Papà riceve il punteggio più alto e diventa realtà grazie al finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la Provincia autonoma di Trento, con la partnership di Comunità della Vallagarina, Comune di Villa Lagarina, Comune di Rovereto, Comunità Murialdo e Associazione SEV. Di cosa si tratta?
“A dicembre 2018 siamo partiti con le prime iniziative mirate principalmente a passare dei momenti divertenti e particolari con i propri figli e gli altri papà. Con il 2019 il progetto è decollato. Si tratta per lo più di laboratori manuali e creativi che si svolgono il sabato pomeriggio a Villa Lagarina (SpazioLab) e Rovereto (via Canestrini), attività sportive e gite. Le attività, aperte a tutte le famiglie della Vallagarina, sono rivolte a bambini (e i loro papà) dai 3 ai 14 anni, e saranno divise per fasce d’età. Saranno quasi tutte gratuite, sarà richiesto un contributo per le uscite”.
Perchè le mamme non sono ammesse?
“Il percorso che abbiamo iniziato, oltre a puntare al divertimento, a saldare il rapporto con i propri figli, vuole essere un modo spensierato e naturale per una riflessione e una maggiore consapevolezza circa il proprio modo di essere padre. Per questo parliamo sempre di momenti educativi su due livelli: sia per gli adulti sia per i bambini o ragazzi che vi partecipano”.
Le mamme sono sicuramente felici di prendersi un break.
“Sì, anche se alcune sono un po’ in ansia o ci chiedono di poter partecipare, tanto che prevediamo di trovare dei momenti ad hoc per coinvolgerle, magari come giudici/assaggiatori nel finale dei corsi di cucina. Tutto sempre nell’ottica e nel rispetto del ruolo dei padri/figli in modo che possano essere fieri e gratificati nel dimostrare di farcela anche senza di loro. E di cavarsela molto più che bene”.
Oggi i padri aiutano le madri molto di più di quanto avveniva in passato e aiutano i figli a liberarsi di quell’antico codice per cui le madri erano le uniche a saper crescere i figli mentre ai padri toccava il ruolo autoritario.
“Viviamo un momento sociale e storico nuovo, in cui la figura del padre è cambiata ed è ricca di potenzialità interessanti. Chiaramente questo significa che il “vecchio modello” genitoriale è in crisi, a favore di uno nuovo che è ancora tutto da definire e non sarà mai uguale per tutti. Vorrei ricordare che non sempre i ruoli dipendono dal sesso, l’essenziale è che nella coppia coabitino i diversi aspetti, l’importante è fare i genitori, non essere madri o padri”.
Quale è stato il riscontro finora?
“In questi anni con l’associazione Energie Alternative abbiamo creato una rete e un clima di fiducia importante in Vallagarina. In questo progetto ci sono stati quelli che si sono iscritti perchè già ci conoscevano e sanno come lavoriamo, il passaparola e i social han fatto il resto, a sottolineare il bisogno di conciliare famiglia e tempo libero. Ammetto che nessuno di noi si aspettava l’adesione che c’è stata, una partenza ottima: da inizio anno abbiamo registrato un centinaio di persone. Al solo corso di cucina di gennaio, sono rimaste escluse una ventina di famiglie”.
Come si avvicinano a voi i papà?
“La verità è che sono più le mamme ad avvicinarsi alla nostra realtà attraverso internet o il passaparola. Sono loro a “taggare” i compagni e mariti o ad iscriverli direttamente attraverso il nostro sito alle attività. Può sembrare un controsenso ma alla Tana dei papà gli indirizzi mail attraverso i quali ci si iscrive sono quelli delle mamme!”
Qual è il profilo tipico dei padri che partecipano alle iniziative?
“Credo sia ancora presto per le statistiche o per tracciare profili. Per ora sono pochi quelli che si sono iscritti a più attività, forse perché orientati da un particolare interesse per un tema. Questo trend cambierà probabilmente, siamo già al lavoro e ci stiamo impegnando a rendere possibili nuove interessanti iniziative”.
Quale feedback avete da parte loro?
“Alla fine di ogni attività chiediamo di compilare un questionario, ci interessa raccogliere consigli, opinioni, conoscere quali sono le motivazioni che avvicinano le famiglie alla nostra realtà e i loro bisogni. C’è molta voglia di confronto, di sentirsi parte di una comunità e la necessità di ritagliarsi del tempo da passare con i bambini in maniera esclusiva, facendo attività difficilmente ripetibili a casa. Alcuni papà ci hanno anche chiesto di fare cose nelle quali sono loro stessi esperti o specializzati, come musica o murales. Proprio nella sede di Villa Lagarina è stato realizzato un grande e bellissimo murales da un papà ed ora lo stiamo lentamente colorando insieme”.
Cosa dicono di voi le mamme?
“Le mamme son curiose, chiedono informazioni all’inizio e, a lavori conclusi, confessano di essere entusiaste di quello che viene riportato dai partecipanti. Molte ci chiedono come i papà riescono a gestire i fratelli e le sorelle”.
Ed i bambini?
“I più piccoli faticano un po’ all’inizio, per loro è tutto nuovo, dalle facce all’ambiente ma riescono sempre a finire i laboratori e tornano. I bambini più grandi vengono per attività specifiche a cui sono spesso già appassionati. In entrambi i casi è sempre faticoso finire in orario e passare al gruppo successivo.
Ricordo una bimba di 2 anni e mezzo, arrivata in ritardo insieme al suo papà, al laboratorio “Mani in pasta”, piangeva, non voleva fare nulla, il padre era in difficoltà ma è stato bravo a lasciarle tempo, rassicurarla e non forzarla in alcun modo. Lei pian piano ha preso fiducia e ha partecipato. Dopo due ore, alla fine del laboratorio, non riuscivamo a mandarla via, a farle capire che ora doveva andare”.
Quali progetti avete per il futuro? Cosa vi piacerebbe realizzare?
“Siamo alle prese con l’organizzazione delle attività e delle uscite dei prossimi mesi, e quelle dell’estate, primo tra tutti il camping. Può non sembrare ma alle spalle di momenti anche brevi, c’è un sacco di lavoro e molta preparazione. Vogliamo offrire a papà e ai bambini attrattive nuove e più varie possibili con competenze adeguate. Un’altra cosa a cui stiamo lavorando è il coinvolgimento delle mamme, come accennavo prima, ci piacerebbe studiare dei momenti da vivere insieme come famiglia durante le trasferte o in attività specifiche”.
Come vi mantenete e come possiamo aiutare la vostra realtà?
“Al momento il progetto è interamente finanziato fino alla scadenza del bando ad autunno del 2019, quindi non accettiamo aiuti economici, nonostante ci sia stato chi ha manifestato la voglia di effettuare una donazione a seguito dei laboratori. Ci auguriamo di trovare un finanziamento pubblico, privato oppure misto per il prossimo anno, ci piacerebbe dare continuità al progetto e allargare la base continuando a creare ricadute positive sul territorio. Ora non possiamo fare altro che invitarvi a partecipare e divertirvi con noi”.
Chi siete, quanti siete ad operare?
“Io sono un ingegnere ma da anni ho scelto di dedicarmi a queste realtà, poi c’è la mia socia Alice Daldosso, laureata in scienze della formazione che mi affianca nell’ideazione, nel coordinamento e nella supervisione del progetto. Per quanto riguarda la realizzazione, l’organizzazione e il front end, la nostra equipe è composta da Diego Barrio e Alessia Tasin entrambi educatori professionali rispettivamente classe 1981 e 1992. Abbiamo creato una cabina di regia insieme alla Comunità Murialdo e all’Associazione SEV per il supporto pratico e logistico, per coordinarci con il Comune e il contesto in cui siamo inseriti. Collaboriamo inoltre con altre realtà che ci danno supporto e ci guidano nei laboratori a tema, come è successo per quello sulla preistoria dove i nostri educatori hanno affiancato agli esperti del Did@ct (Didattica @rcheologia e Cultura in Trentino) nella creazione di utensili e pitture rupestri o in quello circense con gli esperti di Bolla di Sapone - Scuola di Circo”.

Sito: http://energiealternativetn.altervista.org/la-tana-dei-papa/
Pagina Fb: https://www.facebook.com/LaTaDePa
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ISOTTA CHE SA SOGNARE

LA VOCE È UNO STRUMENTO POTENTISSIMO, LO SA BENE LA ROVERETANA ISOTTA TOMAZZONI CHE, A SOLI 22 ANNI, GIÀ FINALISTA A RDS ACADEMY E CON UN ALBUM ALL’ATTIVO, SI DIVIDE TRA STUDIO E MUSICA

Cresciuta con la passione per le lingue, la musica e la scrittura, oggi la roveretana Isotta Tomazzoni di anni ne ha 22 ed è un’artista emergente poliedrica e carismatica. Come cantautrice ha pubblicato un cd di debutto ad inizio 2018, “Remote Influence”, un lavoro composto da 8 brani: 4 in lingua inglese e 4 in italiano, tra cui il singolo “Sudden Drop” lanciato sul suo canale Youtube. Un miscuglio di rock, elettronica e pop che sta ricevendo numerosi feedback positivi. Dopo questo cd già pubblicato è in lavorazione un nuovo lavoro e un audiolibro di poesie scritte da lei.
Isotta ha voluto inoltre tentare il successo a “Rds Academy”, il talent per aspiranti conduttori radiofonici in onda su Real Time, un’avventura televisiva e radiofonica dove, contro ogni sua aspettativa, è arrivata in finale rivelandosi la più giovane promessa dell’Academy.
Una ragazza che osa sognare ma non dimentica di tenere i piedi per terra e studiare, nello specifico Scienze Linguistiche per le relazioni internazionali, con una tesi sul ruolo della metafora nei testi musicali di Bob Dylan. In questo contesto si è aggiudicata la vittoria alla Chinese Bridge Competition che, l’anno scorso, l’ha portata in Cina per un mese.

Raccontaci di te e del tuo background. Ancora non sapevi leggere e scrivere ma già eri appassionata di musica, quando è nato tutto?
“Mi sono avvicinata alla musica con il ballo, ho iniziato danza classica a sei anni, a tredici sono stata presa in una compagnia di danza modern-jazz con il maestro Fabrizio Bernardini. A nove anni ho cominciato a studiare pianoforte alla Scuola musicale di Rovereto.
Da piccola ascoltavo tantissima musica, quando tornavo a casa dalle elementari la prima cosa che facevo, ancora prima della merenda, era mettere della musica e ballare. I Beatles, Modugno, i Queen, Daniele Silvestri e molti altri, fortunatamente i miei genitori ascoltavano buona musica di ogni genere, potevo spaziare da Eminem a Bethooven. E poi adoravo i musical, in particolare il compositore Andrew Lloyd Webber e il suo Fantasma dell’opera.
Ricordo che nel salone di casa avevamo un tappeto con dei disegni geometrici e simmetrici ed io mi mettevo lì a ripassare le lezioni di danza classica cercando di non “sgarrare” posture e passi”.
Quando hai capito di voler fare questo mestiere ed in particolare divenire una cantautrice?
“Ho sempre sentito l’esigenza di dire la mia in musica, scrivere è stato un bisogno innato, naturale. Ho iniziato a 15 anni ed ho continuato ad accumulare testi su quaderni, taccuini, dove capitava. È stato nel 2017 insieme ad un amico con la mia stessa passione che tutto ha preso forma”.
Parliamo dell’arrangiatore e compositore tuo coetaneo Jacopo Ulacco, giusto?
“Sì, io e lui abbiamo fatto il liceo insieme, musica e scrittura erano la passione di entrambi, non poteva che nascere un’amicizia. Abbiamo scritto un musical rock in italiano all’età di 15 anni. E nel 2017 abbiamo realizzato il cd insieme. È stata una grande soddisfazione perchè è piaciuto a persone di età e generi molto diverse e poi, cosa più importante, lo abbiamo fatto con le nostre sole forze”.
La tua prima volta sul palco?
“Respiro aria di teatro da che ho memoria, mia madre era direttrice del bellissimo teatro Zandonai di Rovereto ed io, fin da piccina, aspettavo impaziente l’occasione di sgattaiolare sul palco, in maniera non ufficiale e furtiva. La mia prima vera volta sul palco è stata, avevo 6 anni, in un classico villaggio turistico ma la prima performer preparata è stata con la danza classica a 7 anni”.
La volta più importante?
“Il palco che mi ha dato di più, per ora, è stato quello di Area Sanremo nel 2017: un concorso affiliato a Sanremo Giovani in cui sono arrivata in semifinale. A quel punto ci hanno chiamati a cantare nelle piazze del Festival, lì ho portato sul palco, per la prima volta, tre miei pezzi inediti ed è stata un’emozione fortissima quando molte persone tra il pubblico mi hanno chiesto chi fossi e dove si potevano acquistare i miei cd”.
Come sei arrivata a Rds Academy?
“Rds è una delle radio che ascolto, amo la radio in generale e mi piace l’idea di farla, ho molti progetti artistici che mi piacerebbe realizzare in quest’ambito. È successo tutto quando mi hanno intervistata per promuovere il mio album, lì ho capito che era un mondo a me congeniale ed ho inviato un provino, senza aspettarmi una chiamata. Invece tra 5mila provini ne hanno selezionati 50 e siamo arrivati davanti ai giudici, fino alla scrematura finale di 9 concorrenti”.
Hai partecipato con successo a questo talent. Ci racconti brevemente quest’esperienza e quanto è stata importante per te?
“Questo percorso per me è stato una vittoria già quando sono arrivata ai provini. Sono grata alla trasmissione, l’ho trovata meritocratica, anche se mi è sembrato paradossale che un talent per la radio si svolgesse in televisione con una pressione notevolmente maggiore alla sola prova radiofonica. Arrivare alla puntata serale dove la visibilità è maggiore, contava molto per me. Ho avuto l’opportunità di affrontare alcune prove speciali, tra le quali l’intervista alla famosa Emma Marrone. Ad ogni puntata si rischiava di uscire e per questo ho affrontato tutte le prove come si trattasse di una finale. Voglio credere che questo traguardo non rappresenti la fine di un’esperienza ma si tratti di un nuovo inizio”.
A cosa pensi quando ti trovi davanti ad un microfono?
“Credo non ci sia cosa più piacevole di avere dall’altra parte qualcuno che ti ascolta. L’ascolto è una cosa bellissima, dalla tua voce gli altri possono immaginare di tutto, quello che vuoi e che non vuoi. La voce è uno strumento potentissimo tra mistero ed immaginazione, va oltre la parola, è un gioco di interpretazione, di non detto e di pause, bisogna saper dosare voce e parola, esattamente come musica e pause”.
Quanto è importante mettere in musica le tue parole e non quelle di terzi?
“Scrivere e mettere in musica i miei pensieri è per me una necessità. Certo, se gli altri mi proponessero le loro storie, sarei probabilmente felice di raccontarle ma l’interprete è un altro lavoro ancora”.
Oggi è impossibile non essere anche imprenditore/agente di se stessi in questo mondo. La tua esperienza?
“Raggiungere un proprio stile e una propria identità è importante, serve carisma in questo ambiente e non è sufficiente il talento per emergere. Per essere manager di se stessi serve qualcuno che ti dia costantemente dei feedback obiettivi sul tuo lavoro, dei riscontri anche severi a volte. Io ho la mia famiglia che mi sostiene ed è sempre presente, mi aiuta molto in questo ruolo. E poi bisogna sapersi muovere, averi i contatti giusti, non fermarsi mai e cercare di essere sempre al massimo della competitività”.
I talenti italiani si affermano spesso con maggior successo all’estero. È l’Italia che non sa valorizzarli o è l’estero che affascina molto di più?
“Credo tutte e due le cose. In Italia si valorizzano molti talenti esteri ma è anche vero che all’estero si valorizzano molti talenti italiani, penso ad esempio alla Francia, al suo essere esterofila in molti campi, non di meno in quello artistico, proprio come l’Italia”.
Tre parole per descriverti.
“Audace, nel senso di coraggiosa, creativa e solare”.
Chi è Isotta al di fuori della musica?
“Sono un’avventuriera ed amo molto viaggiare ma sono anche un‘abitudinaria, quindi torno spesso ai miei luoghi del cuore. Torno a quelle relazioni, poche ma buone, che ritengo importanti. Amo il contatto con la natura e gli animali, credo sia un valore da coltivare in un mondo che si sta autodistruggendo. Adoro nuotare e andare per boschi. Mi definisco “folle in un equilibrio stabile”.
Quali sono i tuoi punti di forza e quali le tue debolezze?
“Sangue freddo e coraggio credo siano i miei pregi più importanti. Sono una persona complicata e questo a volte è una risorsa, altre una debolezza. E poi sono disorganizzata, anche se sto lavorando molto per migliorarmi, ho sempre in mente di fare un sacco di cose”.
A che tipo di donna o artista ti ispiri per creare il tuo stile?
“Non ce n’è una in particolare, mi piacciono le donne forti, quelle che si tirano fuori dal mucchio con timbri riconoscibili e diversi dal solito, innovative e originali”.
Il duetto dei tuoi sogni:
“Direi con Alanis Morissette o Lady Gaga”.
Quali sono i tuoi punti fermi?
“Sicuramente le relazioni: famiglia, amici e amore. Sono una persona che, per quanto gira e fa, ha bisogno dei suoi nidi e le relazioni sono i miei nidi”.
Come e quanto il successo cambia le persone?
“Il successo non è la notorietà, bisognerebbe sempre separare le due cose. Il successo è fatto di tanti piccoli passi, piccole soddisfazioni e qualche fallimento, qualche no che bisogna imparare ad incassare fin da piccoli; in questo senso il successo è un percorso, un viaggio che porta non alla notorietà ma a piacerti, ad essere orgoglioso di te stesso”.
Se non avessi intrapreso questa carriera, quale lavoro avresti scelto?
“Credo che avrei scelto di essere una diplomatica per i diritti umani, un campo difficile ma dove c’è tanto bisogno di persone in grado di cambiare le cose”.
Un sogno nel cassetto o un progetto da condividere con noi?
“Tanti. Ricollegandomi alla risposta precedente, mi piacerebbe attraverso la musica e i guadagni, che in questo campo a volte possono essere importanti, coniugare l’aspetto benefico riguardante i diritti umani con la mia passione per la radio magari”.
Come ti vedi tra vent’anni?
“Spero di costruirmi una famiglia con figli un domani, non so se in Italia o Inghilterra o in un altro luogo all’estero. Mi piacciono molto i paesi del nord, la pioggia. Spererei di essere direttrice artistica o di fare comunque un lavoro inerente la musica con la possibilità, a fine giornata, di rintanarmi in un grande studio di legno mentre fuori il tempo è uggioso”.