MAURIZIO FUGATTI “PRIMA ESPERIENZA, MA IDEE GIÀ CHIARE” | TrentinoMese - Appuntamenti, incontri e attualità trentina - magazine trentino

MAURIZIO FUGATTI “PRIMA ESPERIENZA, MA IDEE GIÀ CHIARE”

LO CHIAMAVANO L’UOMO DEI GAZEBO, MA ADESSO È PRESIDENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO. SIAMO ANDATI A TROVARLO NELLA SUA CASA VICINO AVIO, DOVE CI HA ACCOLTO CON CORTESIA ASSIEME ALLA MOGLIE ELISA E AI DUE GEMELLI, SOFIA E MATTEO. LO ABBIAMO SOTTOPOSTO AD UN FUOCO DI FILA DI DOMANDE,
ALLE QUALI HA RISPOSTO VOLENTIERI, CON LA SUA CONSUETA FLEMMA. UN MAURIZIO FUGATTI PER CERTI ASPETTI INEDITO CHE NON MANCHERÀ DI SORPRENDERE I NOSTRI LETTORI. LEGHISTI E NON


Eccolo. È proprio lui. L’uomo nuovo della politica trentina. Oddio, nuovo si fa per dire, considerato che è stato per ben dodici anni segretario della Lega trentina e più volte parlamentare. Fatto sta che ce l’ho proprio di fronte e fa uno strano effetto vederlo così, in déshabillé, con una semplice tuta, ai piedi della sua casetta arroccata sui rilievi attorno ad Avio, battuti da un vento stranamente gelido (“Qui è sempre così”, ci confermerà poco dopo).
È un fan di gruppi italiani storici come Litfiba e Cccp e questo me lo rende notevolmente simpatico. Un po’ meno simpatico il fatto che tifi per la Juventus, ma vabbé, nessuno è perfetto.
Frivolezze, è vero, ma nell’intervista c’è spazio per tematiche molto serie e gravose come il lavoro e la crisi economica. Certo, l’atmosfera è gioviale. Maurizio Fugatti mi riceve in simbiosi con la sua famiglia: Elisa, l’elegante moglie, e i due gemellini Matteo e Sofia, armati di vassoi, libri, giocattoli vari e strumenti musicali con i quali movimentano (e musicano amabilmente) la mia intervista.
Fugatti è in tuta, è vero, ha un aspetto dimesso, ma non per nulla sciatto, anzi. Conserva un portamento notevole nonostante la tenuta casalinga.
In attesa di cominciare, mi arrovello sull’appellativo con cui chiamarlo, Presidente o Governatore? Mi butto sul secondo, dopotutto ho ben il cinquanta per cento di possibilità di incontrare il suo consenso.
Buongiorno Governatore, abita proprio sul… Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?
Mi piace di più quando mi chiamano Presidente.
Urgh... Va bene. Buongiorno Presidente, stavo dicendo che abita proprio al confine...
Pensi che la casa di mia nonna era la prima che si incontrava in territorio trentino salendo dal Veneto.
Che ricordo ha della sua infanzia?
Ho fatto le scuole elementari a Borghetto, che un tempo faceva comune.
Cosa voleva dire per lei abitare in una terra di confine?
Lo sa che una volta c’era anche il porto? Mi ricordo la festa d’Estate, con la barca che veniva calata nell’Adige… Pensi che il paese di Mama d’Avio è tagliato addirittura in due dal confine…
Abbiamo appena letto sui giornali della nomina di Vittorio Sgarbi…
Stamattina ho preso i giornali e…
...ha appreso anche lei la cosa dai giornali?
No, certo che no… Dicevo che dai giornali mi pare che ci sia un certo interesse. Lo Sgarbi lo conosco da tempo. Avevamo preso un accordo in autunno. Occorreva aspettare i tempo tecnici per la nomina. Ed ora eccolo qua.
Cosa può rappresentare per il Mart?
Credo un’ottima occasione, sia dal punto di vista della risonanza mediatica sia dal punto di vista delle opere: lui potrà portare collezioni di un certo peso. Certo, lui ha un carattere importante…
A volte il personaggio non è così gestibile…
È vero. Tuttavia credo che la scommessa vada comunque giocata.
Lui cosa dice?
È molto contento. Ci teneva.

Cambiamo argomento. Noi di TrentinoMese abbiamo inseguito per cinque anni il suo predecessore, tentando di convincerlo a rilasciare un’intervista “casalinga” come questa. Non ci siamo riusciti. Lei ci ha detto di sì al primo tentativo.

Non dico che il mio predecessore abbia sbagliato, ma solo che personalmente ho un’impostazione di questo tipo. Lo abbiamo dimostrato anche come gruppo di governo nel rapporto con i cittadini.
In che modo?
Ad esempio con l’apertura del martedì mattina alle istanze della gente. Sono approcci diversi.
Giudicheranno i lettori…
Un giornalista viene a casa e mi intervista. Che problema c’è?

Appunto. Senza contare il ritorno d’immagine che ne deriva. Due sono le cose: o Maurizio Fugatti ha progettato a tavolino la situazione famigliare, inscenando quest’atmosfera da Mulino Bianco che sa di innocenza e di disponibilità o è veramente tutto vero e in tal caso è il politico meno trombone che si trovi sulla piazza. Mentre Matteo e Sofia rumoreggiano allegri in salotto, propendiamo decisamente per la seconda ipotesi.
No, la nostra rivista non si occupa di politica. Però i politici ci piace sorprenderli con certe domandine sfiziose, come quella che segue.


Senta Fugatti, il 3 novembre 1918 l’esercito italiano entrava a Trento. Esattamente cento anni dopo, il 3 novembre 2018, un leghista fa ingresso nella stanza dei bottoni di Piazza Dante. Un’invasione o una liberazione?
Né una né l’altra. È stata una scelta dei cittadini (…intanto, Sofia chiede alla mamma se Piazza Dante è sul Monopoli. “È dove lavora il papà”, risponde la signora Elisa). Certo ammetto che si è trattato di una scelta forte perché il Trentino non ha mai avuto, dal dopoguerra in poi, governi che non fossero democristiani o autonomisti.
Qual è stata la prima cosa che ha pensato una volta eletto?
Ho avvertito un forte senso di responsabilità e tanta emozione. Con la consapevolezza di dover restare con i piedi per terra.
Noi non abbiamo mai detto di voler fare rivoluzioni, bensì riforme. Al di là di qualche accenno su temi a noi cari, che può sembrare rivoluzionario – vedi l’immigrazione o la sicurezza – sul resto abbiamo dimostrato di essere in primis riformatori.
Lei spesso viene definito – con una brutta espressione, a mio avviso – “l’uomo dei gazebo”. Ora deve prendere decisioni come si conviene alla buona politica. Come si sta col timone del comando in mano?
Al di là delle scelte politiche che possono piacere o meno, come è legittimo, la parte organizzativa presenta delle complessità. Il Trentino è un piccolo Stato. Il contatto tra il Presidente e i cittadini è molto limitato. Con te vuol parlare il pensionato come il rettore. Riuscire a organizzare i tempi per non deludere tutte queste persone con attese troppo lunghe: ecco, questa è l’oggettiva difficoltà.
Per lo meno lei ci sta provando… C’è chi non ci ha nemmeno provato.
Questo non lo so.
“Prima i trentini” è stato uno dei cavalli di battaglia della Lega nelle ultime elezioni provinciali. Il filosofo Noam Chomsky sostiene che “il sovranismo è la cura sbagliata ad un problema reale”: lei cosa ne pensa?
A me piace parlare più di “autonomismo”. Attenzione perché sovranismo non vuol dire nazionalismo. Si cerca di fare prima gli interessi della gente vicina e queste sono le finalità dell’autonomia. Come diceva Enrico Puner: noi siamo di nazionalità trentina.
Quindi secondo lei sovranismo e autonomia sono conciliabili?
Sì, se non ci riferiamo a quel sovranismo di tipo nazionalistico.
Nel 2011 abbiamo intervistato uno dei suoi predecessori, Lorenzo Dellai. Il quale dichiarò che non abbiamo nessuna possibilità di perdere la nostra autonomia.
Sono d’accordo con lui.
È così inalienabile la nostra autonomia? Lo può confermare otto anni dopo? Non c’è il rischio che l’autonomia differenziata per Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna – tanto osteggiata dai 5 stelle – si riveli una sorta di declassamento per quella trentina?
Credo che dia la possibilità di avere maggiori forme di autogoverno per quelle regioni che l’hanno chiesta. Questo alla fine concorrere a diminuire il senso di ostilità in parlamento verso le altre autonomie, come la nostra.
Ma se un giorno raggiungessero il nostro livello…
Io penso che non possano farlo. Si possono alzare di livello ma senza mai raggiungere la nostra che ha un ancoraggio internazionale ed è statutaria. Alla fine la loro autonomia ha l’effetto – apparentemente paradossale – di tutelare di più la nostra.
Mi faccia capire, – uso un gergo ciclistico – è come se noi avessimo un vantaggio di un minuto sul gruppo e riuscissimo a conservare quel vantaggio per tutto il corso della gara. Gli altri allora cosa ci guadagnano?
C’è un senso di libertà per gli altri, e noi come autonomisti non possiamo che rallegrarci di questo risultato. La nostra autonomia sarà sempre più ricercata delle altre.
A proposito, visto che non ci sente nessuno, è vero che il premier Conte è un burattino, come ha deto Guy Verhofstadt all’Europarlamento?
No, io sono stato sottosegretario, ho avuto modo di conoscerlo e mi pare una persona seria. È chiaro che lui fa il premier in un Governo di contratto. E, si badi, non c’era alternativa a questo Governo. Occorreva una mediazione e lui mi pare stia interpretando bene questo ruolo.
C’è un dibattito sulla competenza. Anche in politica, l’improvvisazione dà l’impressione di essere diventata una nota di merito. Sui social poi siamo tutti esperti. Cade un ponte e siamo tutti ingegneri. Bombardano la Siria e ci ritroviamo improvvisamente circondati da esperti di politica internazionale. Qual è l’idea di competenza di Maurizio Fugatti?
Penso a delle basi date dalla conoscenza, che derivano dal lavoro o dagli studi che hai fatto. Dopo di che, in politica non è detto che chi è inesperto sia per forza incapace.
Sta pensando alla sua Giunta?
La nostra Giunta provinciale è la più inesperta della storia dell’Autonomia trentina…
Lei escluso?
No, mettiamoci dentro anche il sottoscritto. Siamo inesperti però non andiamo in giro ad insegnare nulla a nessuno. Prestiamo ascolto. Siamo qui per imparare. Parlo anche per i miei assessori che – mi viene segnalato – si muovono così.
Un po’ di preparazione, una certa dose di modestia (perché se sei inesperto devi compensare il deficit con una certa dose di modestia per poter predisporti all’apprendimento).
Se al contrario pensi di essere un fenomeno… prima o poi batti la testa. Ci sono casi di questo tipo anche a livello nazionale…

“Maurizio, noi ci andiamo a preparare…”. La signora Elisa ci interrompe un momento. Va a preparare i bambini perché li attende una piccola gita sugli sci. Il Presidente è a casa, stranamente libero da impegni per qualche ora, e l’occasione è ghiotta. Oltre lo sci, scopriamo che ama molto andare a correre: il phisique du role certo non gli manca, specialmente questo sabato mattina di metà febbraio, in cui indossa con molta naturalezza una comoda tuta da ginnastica.
Senza l’allegro ciangottare di Sofia e Matteo, il soggiorno pare ora essere piombato improvvisamente in un silenzio monastico. Le nostre voci rimbombano sulle pareti.

Una battuta sulle eccellenze: il Trentino ne dispone in moltissimi campi. In quale si può fare decisamente di più?
In alcuni settori certamente. Penso al tema del lavoro e alle contraddizioni del mercato del lavoro stesso. Settori in cerca di personale da una parte e ragazzi in cerca di occupazione dall’altra. Manca questo incontro tra domanda e offerta e non si riesce a capirne appieno il perché.
Come va con la disoccupazione giovanile in Trentino?
I dati statistici ci dicono che è oggettivamente un problema.
Cos’altro ha margini di miglioramento qui da noi?
Senz’altro la semplificazione. Forse è il tema più difficile.
E il turismo?
Dobbiamo lavorare di più per un turismo di qualità. E poi lavorare di più sulla promozione dei nostri prodotti agricoli.
Ci può fare un esempio?
Oggi il Trentino non ha un suo yogurt.
Ah, no?!
Per comprare uno yogurt trentino oggi io devo andare negli spacci dei caseifici. Perché accade questo? Io non lo so. Se vai nei negozi trovi quattro prodotti dell’Alto Adige e nemmeno uno trentino.
E i vini?
Al netto di Ferrari e di un po’ di Trentodoc (e del San Leonardo che si produce qui accanto), quando esci dalla regione ti accorgi che tutta questa eccellenza forse non c’è.
Gioca molto in questo settore quel fastidioso complesso d’inferiorità che affligge il Trentino nei confronti dei cugini sudtirolesi…
In questi ultimi anni Bolzano ha imposto delle scelte strategiche importanti al Trentino, tramite il Governo dell’SVP.
Si può dire che adesso la Lega diventa un po’ arbitro regionale?
Certo, anche se non è facile. C’è un contesto regionale, l’SVP è abituata a ragionare con le sue logiche. È un percorso di scelte quotidiane che vanno concordate. Non dimentichiamo che la nostra Autonomia e la loro dipendono dalla bontà dei rapporti che intercorrono tra le due provincie.
Parliamo di cooperazione: per qualcuno il cooperatore è un imprenditore di Serie B. Un imprenditore che cammina sul filo ma sa di non rischiare nulla perché sotto ha la rete dell’assistenzialismo. Non crede che si sia ecceduto in questi ultimi anni creando una cultura che non contempla il rischio per l’imprenditorialità?
Fermo restando che il rischio in un ambiente cooperativo è condiviso tra i soci, è chiaro che al privato concorrente potrebbe anche dar fastidio tutta questa “solidarietà”. In ogni caso, alla fine la cooperazione è stata importante anche per la tenuta sociale del Trentino, per l’unità culturale dei diversi territori della provincia e delle loro peculiarità che sono a volte molto diverse tra loro.
E cioè?
Le problematiche di Canal San Bovo e quelle di Predazzo o di Storo hanno ben poco in comune. La cooperazione in questo contesto ha fatto benissimo da collante, permettendo uno sviluppo il più possibile omogeneo tra centro e periferia.
(Fa una piccola pausa, poi riprende.) La cooperazione ha fatto anche degli errori, per carità, ma in primis va evidenziato il valore sociale, economico e di tenuta che ha regalato al Trentino.
Veniamo a un altro tema. In ogni campagna elettorale sentiamo promettere uno snellimento della burocrazia. In realtà, ogni anno che passa, quel che dovrebbe essere gestito dalla società civile viene fagocitato sempre più dall’ente pubblico.
Come ho già detto prima, questo è il tema più difficile e inestricabile. È una cosa che chiedono tutte le categorie. Come Giunta abbiamo creato un’unità operativa che si chiama “semplificazione e digitalizzazione” a cui ogni categoria ha assegnato un proprio referente che, di volta in volta, sottopone le problematiche più scottanti legate appunto alla burocrazia.
C’è anche un rappresentante del volontariato?
Volontariato?
Sì, insomma, qualcuno che porti le istanze delle associazioni… (Fugatti prende nota) dacché sono assediate dalla burocrazia, dai controlli asfissianti, una sorta di cappa poliziesca che rende sempre più complicato organizzare cose, dalla festa campestre alla manifestazione culturale. Sempre più bandi vanno deserti o quasi, creando chiusure quando non situazioni imbarazzanti (un esempio su tutti, il Natale a Rovereto). Non crede che la politica stia abbandonando le associazioni al loro destino?
Non lo so. Sono Presidente da tre mesi e quello che lei mi dice mi preoccupa. Sicuramente sarà uno dei temi che bisognerà affrontare nei prossimi ordini del giorno.
In Italia già da diversi mesi impera un certo dibattito sul ruolo delle élite. Spesso lei ha parlato di dissociazione tra le èlite stesse e il popolo che vive sulla sua pelle proprio questo scollamento. Lei è allo stesso tempo Presidente (èlite) e consulente dei disagi del popolo. Come fa a conciliare i due ruoli?
Ho coscienza del fatto che se si parla troppo con i vertici si perde per strada il termometro del popolo. Si dimentica. Per questo il martedì mattina, alle 7, apro le porte del mio ufficio e torno con i piedi per terra: lascio da parte i massimi sistemi e affronto i problemi molto più concreti della gente comune. La madre con il figlio disabile, l’artigiano con la cartella esattoriale e sa cosa succede?
Cosa?
Che ti ricordi da dove sei venuto. E cioè dal popolo.
Aiuta anche lei questo rapporto diretto con i cittadini?
Certo, mi aiuta nel senso che mi impedisce quell’alienazione che è tipica del potere a certi livelli. Spesso mi accusano di non essere preoccupato per le problematiche delle élite: sindacati, banche, ecc.
I problemi delle élite e quelli del popolo sono a due livelli diversi. Mi preoccupano di più i secondi.
Delle volte però il popolo commette un errore di valutazione. Anche molti trentini pensano di star facendo politica, in realtà sono solo militanti in un partito (pensiamo allo spirito dei social). È grosso modo la differenza che c’è tra l’atleta e il tifoso. Un disimpegno mascherato da impegno. Non pensa che sia necessaria una nuova educazione alla cultura politica?
Ho fatto il segretario della Lega per dodici anni e so cos’è la polvere. Ho fatto il segretario con il partito al 4%, non dimentichiamolo. Questa mia esperienza la ritengo un punto di forza.
Ritengo che la Lega riesce molto bene a unificare l’essere militante e poi il fare politica. Basta guardare ai tredici consiglieri dell’attuale Consiglio: è tutta gente che ha fatto la militanza. Un’attività indispensabile se vuoi legarti a dei valori. Con i limiti – lo ribadisco – di chi non ha l’esperienza e non ha mai governato e ha fatto solo gazebo. Ma impareranno… È già successo in Veneto e in Lombardia. Ora tocca a noi.
Lei è un tipo pacato, tranquillo. Ho letto una frase di Paolo Gentiloni: “Se riescono a farvi urlare, hanno vinto loro”. Lei che rapporto ha con le critiche?
È difficile che mi inalberi, questo lo sanno tutti. Non vuol dire però che non me la prendo. Ma solo che non lo faccio trasparire.
In passato alcuni politici suoi predecessori hanno sfruttato veri e propri modelli di consenso, fabbriche e magazzini di voti: il cosiddetto collateralismo. Lei ce l’ha un modello di consenso?
Se devo cercare una forma di consenso, ribadisco quanto detto prima nel contatto quasi ossessivo con il popolo. Le faccio un esempio: domani vado al carnevale di Borghetto.

Perché dice che la città di Trento è così importante per il governo provinciale?
Perché è il bacino economico, culturale dell’intera provincia. L’altro giorno ho proposto al Sindaco Andreatta di mettere da parte i colori politici e di incontrarci. Sono convinto che, per la ripartenza del Trentino, non possiamo fossilizzarci sulle appartenenze politiche del tipo “Andreatta è del PD e io sono della Lega pertanto non facciamo niente”.
E quindi fare cosa?
Trovare dei canali comuni: come ad esempio il tema della funivia per il Bondone. Ogni gradino che la città di Trento riesce a salire significa un gradino in più per tutto il territorio. Io in questa sinergia ci credo, a prescindere da chi governa.
A proposito di funivia, cosa ne pensa nello specifico del progetto di collegare la città alla sua montagna?
Mi colpisce che non vi siano delle prese di posizioni nette. Solo un sacco di “forse”, “sì ma” e “no però”. Noi come Provincia ci siamo, ma abbiamo bisogno di convinzione da parte dell’Amministrazione Comunale. Una città d’arte collegata direttamente con le piste da sci costituirebbe un unicum davvero attrattivo.
Dicono che costi troppo…
Certo che costa. Per questo va fatta in simbiosi con il mondo privato che ci deve credere almeno quanto ci crede il pubblico.
L’imprenditore Gino Lunelli, ex presidente delle Cantine Ferrari, recentemente ha dichiarato che si tratta di un servizio pubblico e come tale deve essere totalmente a carico dell’ente pubblico
Per me il servizio pubblico è lo scuolabus. Anche la funivia del Bondone lo è, ma serve ad uno sviluppo generale che ha ricadute su tutti i settori.
Turismo di massa o turismo d’èlite?
Tutti e due sono importanti. Forse dobbiamo crescere un po’ di più sul secondo.
Ambiente e antropizzazione: il turismo trentino vanta numeri da record. Adesso abbiamo il Giro d’Italia, Festival dello Sport ecc. tuttavia il Trentino non è il Wyoming, tralasciando montagne, parchi, boschi e laghi, quel che resta, circa il 3% abitabile è quasi completamente sfruttato. Il turista alimenta l’economia ma anche l’inquinamento… Non crede che bisognerebbe cominciare a ragionare su possibili limiti a tutto ciò?
Secondo me dobbiamo migliorare la destagionalizzazione, scaglionare i turisti in maniera più uniforme tra periodi sovraffollati e periodi che lo sono meno. Ma non credo che dobbiamo porci dei limiti assoluti sui flussi.
Orsi e lupi. Luis Durnwalder, nel 2017, ci ha detto che “il Trentino dovrebbe trovare il coraggio di fare marcia indietro, perché cento anni fa non avevamo 13 milioni di turisti.”
Il Trentino “deve” fare marcia indietro.
Perché?
Li vede quei due bambini lì?
Chi, i suoi figli?
L’altro giorno, qui sopra San Leonardo, un lupo ha sbranato un capriolo. Pensi a quante famiglie con bambini abitano in campagna o in estrema periferia. Gli animalisti di città fanno le loro dimostrazioni in città, appunto. In montagna ci dobbiamo vivere noi. Si rende conto che a Canazei i lupi girano per le strade? Si è davvero dormito in questi ultimi anni su questo tema. Ora, ovviamente, non possiamo cambiare tutto in tre mesi…

Bossi come sta? (Il giorno prima è stato ricoverato in rianimazione…)
Dicono meglio.
Il 10 gennaio scorso è mancato Enzo Erminio Boso: cosa ha rappresentato per lei la sua scomparsa?
Per me è stata una perdita importantissima… Umana prima che politica.

Qui la voce di Maurizio Fugatti si spegne. Come se qualcuno stesse girando una manopola. Gli occhi gli si sono improvvisamente inumiditi. Seguono alcuni attimi di silenzio.
Il Presidente si riprende dalla commozione chiamando in causa i suoi figli. “Cos’è che diceva Boso, Matteo, quando chiamava papà?” “Elà” risponde il piccolo, riportando un po’ di serenità sul volto del suo giovane padre.

La Lega è cambiata, ma lo spirito delle origini rimane.
Tutto si evolve.
Si tratta solo di interpretare il cambiamento. Credo sia uno dei compiti miei e dei miei compagni di partito.
Un indovino mi ha detto che la Lega stravincerà le europee e questo ci porterà a nuove elezioni politiche in autunno…
Certe scelte, in tema infrastrutturale di questo Governo, i territori le stanno vivendo male. C’è l’auspicio che la Lega faccia un grande risultato alle Europee. Dopodiché bisognerà ragionare con gli alleati di governo proprio sull’impostazione data a certe tematiche ambientali e afferenti alle grandi opere.
C’è qualcosa su cui si è dovuto ricredere in questi primi cento giorni?
È troppo presto. Sicuramente ci sarà qualcosa di cui mi dovrò pentire, ma accadrà più avanti.

Chiudiamo con qualche domanda personale. Perché non sorride mai?
(Lui gira la domanda alla moglie) Perché non sorrido mai, Elisa? Me lo chiedono tutti… (Elisa racconta che nel giorno del loro matrimonio gli amici lo rimproveravano: “e meno male che questo dovrebbe essere il giorno più felice della tua vita…” Lui è euforico solo quando guarda vincere la Juventus.)
Non riesco a sorridere.
Nemmeno dopo aver appreso il risultato elettorale di ottobre…
Lì era solo per una forma di responsabilità (ride). Ecco, adesso sto ridendo, però.
Salvini dice che stare sui social è un dovere perché i cittadini gli pagano lo stipendio e vanno informati su tutto. Anche sui suoi famosi ravioli al burro. Il suo rapporto con i social network com’è?
Medio. Ci lavoro, però non scado mai sul personale, salvo rare eccezioni, ad esempio quando è morto Boso. Anche perché per stare sui social devi essere un “uomo da social”, e Salvini lo è.
Si reputa un uomo felice?
(Guarda la sua famiglia) Beh, direi di sì. Senza presunzione.
Posso chiederle qual è il suo rapporto con Dio o con il trascendente?
Sono cattolico, sono credente. E un peccatore, sicuramente. La domenica quando posso seguo la Messa. Secondo qualcuno, in alcune scelte politiche non seguo quanto dice il Papa, ma…
Dove immagina di essere fra 20 anni?
Qui. A questo tavolo. Un giorno tornerò alla campagna, all’azienda agricola di mio papà, ai suoi tacchini.
È vero che suo papà votava sempre DC alle nazionali e PPTT alle provinciali?
Lo ha fatto fino a quando è arrivata la Lega.
Suo zio, Pietro Benvenuti, era segretario della sezione PPTT di Avio…
Abitava in quella casa di cui le parlavo, la prima che si incontra dopo il confine. È una zona questa dove lo spirito autonomista ha sempre avuto la sua culla. Nel 1991 mio zio morì. Andavo a trovare spesso mia nonna, che mi raccontava di un certo politico che l’andava a trovare tutte le settimane. Era Franco Tretter. Il suo è un gesto che mi ha insegnato tanto. Ancora oggi, Tretter è uno dei miei più fidi consiglieri.

La domanda sulla sua idea di famiglia la salto, perché basta guardarvi. Passiamo allora alla piccola interrogazione finale. Quanto costa un litro di latte?
Dunque... Un euro e 30, un euro e quaranta. Quello buono, però.
Cosè il “bailout”?
L’acquisto di un’azienda da parte dello Stato.
Più o meno è così... Come è messo invece in geografia? Saprebbe elencarmi i confini della Siria?
Eh, mamma mia… vediamo: Libano…
Vabbè, accontentiamoci.
In chiusura le chiediamo di aiutarci, perché alcuni esponenti del Governo in questi mesi ci stanno confondendo un po’ le idee… Per l’esattezza Pinochet in quale Stato fece il colpo di Stato?
In Cile. C’era anche quella canzone dei Litfiba… “Santiago”.
Sì, quella si riferiva alla visita di Papa Wojtyla del 1987, ma gliela passiamo. Da quanti anni esiste la democrazia francese?
Beh, dalla rivoluzione. Uno sette otto nove, 1789.
Insomma, questo benedetto tunnel del Brennero c’è o non c’è?!
Lo stiamo facendo.
Qual è la domanda che ha sempre voluto le facessero e non le fa mai nessuno (nemmeno noi)?
Non saprei.
Bene, si vede che gliele abbiamo fatte proprio tutte.

Salutiamo e ringraziamo per la squisita ospitalità. Fugatti è un po’ preoccupato per le ultime risposte date. Ci chiede se ha risposto bene. Lo rassicuriamo su tutto.
Solo sull’esistenza del tunnel del Brennero nutriamo ancora qualche dubbio anche noi. Andremo a controllare e vi faremo sapere. Promesso.
ν