Fiorenzo Degasperi | TrentinoMese - Appuntamenti, incontri e attualità trentina - magazine trentino

QUANDO UNA SEMPLICE SIEPE DIVENTA UN LIBRO APERTO

Di fronte alle aule in cui insegno c’è una lunga siepe, formata da diverse piante, alcune sempreverdi, altre in balìa delle stagioni. Nessuno fa caso a questo intricato sistema vegetale: all’interno delle quattro mura scorrono inesorabili le lezioni, da quelle inerenti alle scienze della terra a quelle delle altre discipline teoriche e pratiche. Tutti gli studenti hanno gli occhi puntati sulla lavagna interattiva, seguendo – chi con attenzione, chi stancamente, altri sognando ad occhi aperti – segni, geroglifici, sistemi matematici. Intanto, a pochi metri, attorno, dentro e sopra la siepe c’è un continuo e sbalorditivo traffico di uccelli: ci sono il comune merlo che litiga con il proprio fratello, il cardellino che cerca di fischiettare delle sonorità benché bloccato dal freddo e i soliti passeri che, come gli studenti, amano far mischia (leggi “casino”). Poi c’è il signorile pettirosso che, al cospetto degli uccelli più grandi di lui, gonfia il petto esaltando ancor di più quello splendido color arancio-rosso. Non dimentichiamo neppure il lucherino, il trentino lugherìn – no ‘l magneria gnanca le lengue de lugherin, si dice di chi non ama neppure le rare prelibatezze –, sorta di fringuello con livrea verdina sul dorso e gialla sul ventre. In alto svolazza chiassoso il corvo mentre il picchio, imperterrito, continua a salire e scendere per i secolari cedri, alla ricerca di qualche larva. C’è un viavai da far impazzire ogni ornitologo. D’altronde si sa che le siepi, da tempi immemorabili, sono protette, coltivate, gestite. Perfino la Provincia autonoma di Trento, tramite il Servizio Agricoltura, fornisce a titolo gratuito il materiale vivaistico idoneo per la costituzione di siepi di confine su superfici coltivate. Ma ancor più importanti sono le siepi di città, quelle urbane, perché riescono a svolgere innumerevoli ruoli. Innanzitutto quello di confine, di divisione tra un territorio ed un altro, tra una proprietà ed un’altra. Più alta è la siepe più il soggetto racchiuso al suo interno è timido, chiuso, riservato, legato alla privacy. Nel caso della “mia” siepe, questa divide due spazi pubblici, quello della scuola e quello di un giardino altrettanto pubblico: il massimo per chi decide di seguire le vite dei suoi abitanti, potendo osservarli da tutte le parti senza incorrere nelle urla dei proprietari. Le siepi svolgono il ruolo di frangivento, catturano polveri ed inquinanti, proteggono il suolo dall’erosione dell’acqua piovana trattenendo allo stesso tempo l’umidità che serve per la loro sopravvivenza, proteggono dai rumori disperdendo le onde sonore, aumentano al contempo la biodiversità, hanno una funzione estetica – se un giardiniere sa interpretare l’anima delle piante può indirizzarle nella costruzione di veri e propri meandri vegetali – e una protettiva. In un paesaggio ricco di siepi vivono cinque volte più specie animali rispetto ad una campagna “ripulita”. Oltre ai miei cari uccelli, sono in primaverile attesa di veder arrivare coleotteri anche rari, farfalle e piccoli mammiferi – i topolini di campagna sono uno spasso, per non parlare del toporagno –: tutti questi hanno la loro culla nella siepe. E non vanno dimenticate le api, le lucertole e i rospi. I biologi e i naturalisti ci dicono che in una siepe possono dimorare oltre 1200 specie animali.
La siepe, inoltre, è una piccola oasi: tante oasi formano una rete ecologica che collega tra loro biotopi, boschi e corsi d’acqua, permettendo agli animali e agli insetti di spostarsi con comodità e sicurezza. Inoltre abbelliscono il paesaggio: arbusti, siepi, boschetti e singoli alberi conferiscono – soprattutto nelle aree ad alto valore ricreativo dell’arco alpino, ma anche urbano – una notevole attrattiva al paesaggio coltivato. Pensiamo alle testimonianze di antichi metodi di coltivazione, ai tradizionali paesaggi di campagna, di collina e di montagna che incontriamo durante le nostre passeggiate, che segnano il territorio in cui viviamo, diventando una valenza storico-culturale in cui si può leggere la storia del nostro habitat.
Nella vicina Provincia autonoma di Bolzano, ad esempio, le siepi sono protette, lo sfalcio non deve avvenire prima del 31 luglio ed è vietato l’impiego di fertilizzanti e pesticidi, erbicidi inclusi. Anche qui in Trentino c’è una legge che ne protegge la presenza, ma in certi paesi o nei pressi delle abitazioni private non facciamo fatica a leggere quelle strisce di erba ingiallita, sintomo e segno dell’uso di erbicidi.
Ma, ritornando all’inizio, la siepe che si para di fronte ai miei occhi diventa, giorno dopo giorno, un libro aperto su cui creare vere e proprie lezioni: insegnamenti legati all’educazione civica, al rispetto degli altri e delle diversità, alla scienza, alla biologia, ai colori che impreziosiscono la scenografia della siepe e che, sapendo coglierne le potenzialità, i miei allievi possono trasferire in trucchi e colori di acconciature. Per non parlare della musicalità, del piacere, tra il caos urbano, di percepire il mondo che sta fuori di noi, questa fonosfera ricca di insegnamenti, come ci hanno indicato già secoli fa i letterati e i naturalisti romani.
Ebbene, la siepe come primo libro di scuola, gratuito, alla portata di tutti, leggibile e interpretabile da tutti. Sulla siepe si possono costruire una pedagogia e una filosofia del rispetto, dei ruoli e della divisione degli stessi. Per la siepe entra in campo pure Giacomo Leopardi e gli occhi dell’uomo si possono perdere nell’infinito. Insomma, un mondo si apre, per chi sa coglierlo.