Hans Kammerlander: “Montagna, amica, nemica e vita mia”



A chi scrive, addentrarsi nelle profondità dell’Alto Adige ha sempre dato la sensazione che ti può dare un bagno caldo dopo una lunga passeggiata in montagna, d’inverno, sotto una pioggerellina gelata e persistente. Siamo a pochi chilometri dai luoghi in cui trascorriamo le nostre giornate, ma il salto geografico è molto più ampio di quel che sembra. È come se da Bressanone in poi il tempo e lo spazio cambino proporzioni e si allunghino percettibilmente. Per questo quando giungiamo a Campo Tures restiamo un attimo interdetti nel leggere il cartello segnaletico della piazzetta principale: “Piazza Hans Kammerlander”. Caspita. Non crediamo capiti a molti giornalisti di andare ad intervistare qualcuno in una piazza che porta il suo stesso nome…
Tuttavia questo flash toponomastico ci aiuta a cogliere essenzialmente due cose: intanto la levatura del personaggio; in seconda istanza la considerazione che da queste parti ha tutto ciò (uomini, imprese, attrezzature, cime, vette e cocuzzoli vari) che ha a che fare con lei: Nostra Signora la Montagna.
Hans ci riceve nel suo – come potremmo definirlo? – studio? Atelier? Negozio? Sancta sanctorum? Mah, e chi lo sa... Fatto sta che siamo nella mansarda della palazzina che ospita l’Ufficio Turistico. Addossati alle pareti ci sono i cimeli delle imprese, i ricordi delle cordate, e poi magliette e gadget del Mondo Kammerlander. È senza paura di sbagliare che potremmo definire questa mansarda una sorta di diorama vivente del grande scalatore altoatesino. Che prima di cominciare a rispondere alle nostre domande si accende la prima di molte sigarette, smussando il tipico distacco altoatesino con una nota di confidenza e nonchalance bogartiana.
“L’alpinismo non è preciso come una gara di sci” esordisce il nostro padrone di casa, come anteponendo una sorta di protasi alla nostra intervista. “L’alpinismo è veloce… Io sono sicuro che almeno metà delle imprese dichiarate non sono così vere… Soprattutto se parliamo di arrampicata”.